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Chiara Zamagna

Sulla vita delle donne: il divorzio e l'omicidio Masi

Aggiornamento: 1 giu 2022


Tanto si dibatte sulla vita delle donne, dibattito che riguarda il mondo intero escluse le donne stesse. Il celebre frame estratto dalla serie TV Bojack Horseman che è diventato poi un meme (nell’immagine) sintetizza perfettamente quello che è il mansplanning (o minchiarimento secondo una traduzione di Michela Murgia). Ma cosa significa effettivamente questo termine?

Dalla serie TV "Bojack Horseman"

Spesso lo si vede scorrere online, ma si confonde in mezzo al marasma di termini inglesi utilizzati nel linguaggio dei social. Per quanto la parola abbia una genesi recente, il mansplanning esiste da praticamente sempre: è una spiegazione paternalistica di un uomo verso una donna che spiega ad ella i comportamenti consoni che una donna dovrebbe tenere. Può questa pratica essere elevata a sistema? Vediamo cosa è accaduto nel nostro Paese il 12 maggio del 1974, di cui abbiamo parlato oggi nel nostro #pilloledistoria.

Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!

Nel dicembre del 1970 il divorzio è diventato legale in Italia: questa legge è una svolta sostanziale per il diritto di famiglia del nostro Paese, poiché rappresenta anche un mezzo di emancipazione per le donne italiane. Nonostante questa legge abbia cambiato la vita a tantissime donne, i primi firmatari di questa furono due uomini, Loris Fortuna, socialista, e Antonio Baslini, liberale. È un male che i primi promotori di tale legge siano stati due uomini? Certo che no, è però ironico come una legge che ha tutelato migliaia di donne sia stata portata avanti in Parlamento inizialmente da due uomini (con una massiccia partecipazione del mondo femminista fuori dai palazzi del potere, beninteso). Poco tempo dopo, nel gennaio del ‘71, la DC e

il Movimento Sociale Italiano, appoggiati dalla CEI, hanno deciso di depositare alla Corte di Cassazione un referendum per abrogare la neonata legge sul divorzio. Arriva il 12 maggio del 1974: il no vince, il divorzio rimane. Ma quali sono state le motivazioni che la destra dell’epoca ha proposto? Ironica è la premonizione di Fanfani «Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la serva!», che ha portato all’avverarsi di tutti i suoi peggiori incubi. La Democrazia Cristiana si appellava alla morale e alla difesa della famiglia, mentre i missini si prodigavano ad accostare divorzio e sinistra extraparlamentare («Contro gli amici delle Brigate Rosse il 12 maggio vota sì»). La Chiesa non si era chiaramente tirata indietro dal commentare la

situazione politica italiana, manifestando la propria contrarietà al divorzio con tutti i mezzi a disposizione.


È interessante vedere come la Democrazia Cristiana, il maggiore partito all’epoca, non nominasse mai quale potesse essere la volontà delle donne e cosa volesse dire per loro vivere la situazione coniugale: la prospettiva femminile non era calcolata in quanto possibile, esisteva solo una visione, ovvero quella maschile. Doveva essere la donna ad adattarsi alla morale, non il contrario; un’inversione di ruoli non poteva essere nemmeno immaginabile. Tutto questo accadeva senza tenere conto delle istanze che il variegato mondo femminista portava avanti.


Contro gli amici delle Brigate Rosse il 12 maggio vota sì

Esattamente tre anni dopo veniva uccisa una giovane studentessa delle superiori, Giorgiana Masi (il cui vero nome era Giorgina), durante una manifestazione del Partito Radicale a cui partecipavano anche esponenti della sinistra extraparlamentare. Le circostanze non sono tutt’ora chiare: l’allora Ministro degli Interni Francesco Cossiga (nonché Presidente della Repubblica dall’85 al ‘92) ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento delle forze dell’ordine nell’omicidio Masi, tutt’altro ha suggerito l’idea che potesse essere stato “fuoco amico”. Un informatore segreto ha infatti riportato alla DIGOS di Roma nel 1998 che a sparare a Masi sia stato per errore Fabrizio Nanni, fratello della brigatista Mara; questa ipotesi non è mai stata confermata dagli esami balistici attuati sulle 22 pistole delle BR in possesso della procura. Un

anno prima il criminale neofascista Angelo Izzo, autore del massacro del Circeo, ha accusato l’ex complice Andrea Ghira di aver ucciso Masi per compiere un gesto simbolico, per «colpire una femminista» nella folla. Si ha la sicurezza che Ghira non abbia ucciso Masi poiché all’epoca si trovava in Spagna, ma la sua affermazione rimane comunque simbolica: il punto era colpire una femminista, in quanto atto catartico e punitivo insieme. La femminista rappresentava (e rappresenta tutt’ora) una voce contrastante rispetto a una serie di norme che continuiamo a dare per assodate e indiscusse.


La vita delle donne non può essere quindi dibattuta da elle, almeno così è in ottica patriarcale. Ogni comportamento femminile è stato precedentemente vagliato dai modelli sociali che attanagliano la nostra cultura e ogni qualvolta che tale comportamento viene messo in discussione si grida allo stravolgimento della normalità, alla dissoluzione della società e alla minaccia del genere maschile. A causa dell’introiettamento di questa mentalità profondamente misogina, tante donne continuano ad accettare pedissequamente comportamenti e norme che minano la loro integrità di esseri umani e che le relegano a creature subalterne.



docente di Storia contemporanea all'Università di Sassari
Fiamma Lussana

Per approfondire le lotte femministe in Italia si consiglia la lettura di Il movimento femminista in Italia di Fiamma Lussana, Carocci editore.






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