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Chiara Zamagna

La storia cancellata

Aggiornamento: 1 giu 2022


Sempre più scottante è il dibattito sulla cancel culture, ovvero l’immaginaria tendenza delle

persone “di sinistra” (soprattutto più giovani) di voler “cancellare” elementi del passato (siano essi storici o culturali) poiché rei di essere razzisti, xenofobi o misogini. La fantomatica cancel culture è chiaramente una invenzione della parte reazionaria dello spettro politico, o per lo meno se è intesa come descritta sopra. Esiste però una cancel culture, quella vera, che ha lasciato nell’oblio persone “scomode”, poco ortodosse e considerate “eccentriche” anche dalla propria parte politica.


Anche i partigiani nel dopoguerra non sono stati immuni dalla tendenza di rimuovere alcuni

Gianna Ciao Pointer

elementi dalla Storia della Resistenza: è stato il caso delle donne e degli omosessuali. Cosa sarebbe successo quindi nel caso di una donna omosessuale? La rimozione era assicurata, il caso di Gianna Ciao Pointer, partigiana romana e lesbica, che dopo la guerra divenne una celebre fotografa che frequentava persone del calibro di Juan Miró, Frida Khalo e i Rolling Stones, ne è l’esempio perfetto. La sua storia, così come quella di altre partigiane europee, è raccontata nel libro R/esistenze Lesbiche nell’Europa Nazifascista, in cui si evince come le lesbiche non siano quasi mai ricordate negli eventi commemorativi italiani ed europei. Tante furono le donne saffiche deportate a Ravensbürk e contrassegnate con il triangolo nero (destinato agli asociali), ma mai giungono a noi pubblico le loro storie. Similmente al caso di Liana Millu, partigiana e scrittrice ebrea che è stata dimenticata dal pubblico e anch’ella deportata a Ravensbürk (vi invitiamo a vedere il nostro documentario sulla deportazione femminile), la storia di Ciao Pointer è caduta nell’ombra, nonostante sia stata poi una celebre fotografa che ha esposto le sue opere in tutto il mondo.


L’esperienza femminile, soprattutto se non è eteronormata, è sempre considerata “di parte”, una

voce femminile, quando al contrario le idee maschili, soprattutto se frutto di uomini bianchi ed eterosessuali, sono imparziali. Questo bias che trasversalmente coinvolge destra e sinistra come una valanga, affonda le sue radici nell’antica credenza che maschile e femminile siano due caratteri ben distinti e contrapposti, inconciliabili e riducono l’essenza della mascolinità con l’ingegno e la razionalità e la femminilità con la deviazione e l’emotività. Come notiamo nelle storie di Giasone e Medea o Odisseo e Circe, l’essenza della donna è folle e, spesso, malvagia. Cosa può nascere quindi da una donna innamorata di un’altra donna se non la perversione più totale? E cosa può essere una donna attratta da uomini e donne (e magari pure da persone non binarie) se non una squilibrata totale? Perché dare quindi credito a un’opinione partorita da un soggetto degenere? Come abbiamo detto nell’articolo sul mansplanning, “la vita delle donne non può essere quindi dibattuta da elle, almeno così è in ottica patriarcale”, specie se si parla di donne queer (termine ombrello usato per indicare tutte le persone non etero ed eventualmente non cisgender), in cui è palese l’intersezionalità dei pregiudizi e delle oppressioni.



Marsha P. Johnson

Questo Pride Month lo vogliamo dedicare a tuttə lə deportatə e partigianə queer del mondo, che quotidianamente parteggiano e resistono in ogni parte del globo contro i soprusi di questo pianeta che ancora non si è liberato del tutto dal fascismo e che lottano per non cadere nell’oblio.



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