Il 25 Aprile nel tempo dello spaesamento
di Ennio Grassi
Il combinato disposto della crisi economica avviatasi nel 2008 e dell'irruzione pandemica del Covid ha prodotto effetti sulla quotidianità delle persone decisamente allarmante; effetto a sua volta della perdita impietosa di una cultura sociale che è la base del convivere attivo e produttivo. Quando si parla di “cultura” intendiamo, a scanso di equivoci, riferirci al suo etimo latino colere “coltivare”, qualcosa insomma di concreto che si materializza, che è terreno e che dà fisicità al pensiero collettivo. Il deteriorarsi e se non la perdita di una cultura sociale condivisa ha inevitabilmente effetti di criticità sui fondamentali di una democrazia come quella italiana nata 76 anni fa, il 25 aprile, e strutturatasi nei 135 articoli della Costituzione promulgata il 27 dicembre del 1947.
L'effetto del combinato è un sentimento di spaesamento comprensibile quanto però inquietante che coinvolge il terreno di coltura della nostra democrazia, che si fa improduttivo se considerato solo nella forma di una icona rituale della memoria collettiva.
Lo spaesamento aggravatosi con il Covid è l'effetto di una economia liberista senza controllo dove il capitale è la misura del “benessere” sociale. A questo proposito il sociologo polacco Zigmunt Bauman, scomparso di recente, aveva introdotto il concetto di “società liquida”.Società (come la nostra) che tende a modellarsi antropologicamente sull'azione del capitale nelle sue varie e imprevedibili declinazioni.
Gli esiti sono oggi evidenti per chi naturalmente vuol vedere. A cominciare dalla politica, non più azione di governo condivisa nel rapporto dialettico tra maggioranze e minoranza ma tendenzialmente solo rappresentanza di interessi economici e/o personali. La crisi dei partiti(intesi come espressione di un progetto di democrazia in divenire ma con radici nel terreno della Costituzione) è un segnale inquietante.
Non ci sono classi dirigenti ma gruppi se non individui dediti al potere senza un'idea dei rischi per la democrazia di ciò che esso può rappresentare se abbandonato all'autoreferenzialità dei gestori. Non è un caso che la politica oggi, locale e nazionale, tenda a essere inscenata da figure tendenzialmente autoritarie più che autorevoli, in ragione anche di un disinteresse collettivo a sua volta espressione di un disagio sempre più forte prodotto dalla crisi economica e dall'isolamento.
Riprender in mano, cioè dare legittima attualità al 25 aprile e sottrarre la Costituzione ad una lettura astrattamente accademica e strumentalmente è ,non da oggi, una responsabilità etica, culturale e dunque politica, da affidare soprattutto alle nuove generazioni, obbligate dagli eventi a non essere solo figlie e figli ma madri e padri del loro tempo e nuovi “resistenti” per una Costituzione che è ancora di extra-ordinaria attualità e valore per una democrazia propositiva e accogliente.
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